ROVINE MEDIEVALI E BATTAGLIE INCREDIBILI NEL CUORE DI BOLOGNA
La Rocca di Galliera e la “Battaglia della Merda”
Passeggiando oggi per Piazza della Montagnola, nel cuore di Bologna, pochi immaginerebbero che sotto i loro piedi e tra i ruderi visibili sopravvive la memoria di una delle costruzioni medievali più imponenti e controverse della città: il Castello di Galliera, noto anche come Fortezza di Porta Galliera. Di esso restano solo frammenti, inglobati nel paesaggio urbano, ma la sua storia racconta secoli di potere, conflitti e trasformazioni che hanno segnato profondamente la vita cittadina.
Il castello, eretto nel Trecento su ordine del papato, era destinato a diventare un simbolo della presenza pontificia su Bologna, ma finì per essere anche il bersaglio della popolazione che lo percepiva come un’imposizione esterna. Distrutto e ricostruito più volte tra il XIV e il XVI secolo, il Galliera fu teatro di battaglie, assedi e ribellioni, diventando quasi una metafora della difficile convivenza tra Bologna e il potere papale.
Origini e costruzione del castello papale
La storia del Castello di Galliera inizia nel 1330, quando papa Giovanni XXII, residente ad Avignone, ordinò la costruzione di una grande fortezza a Bologna per consolidare il dominio della Chiesa sulla città, che in quel periodo era attraversata da tensioni politiche interne e spinte autonomiste.
Il progetto prevedeva una struttura monumentale, circondata da un’ampia cerchia di mura e torri difensive, collegata strategicamente a Porta Galliera, uno degli ingressi principali della città. La sua posizione non era casuale: posta vicino alle vie di accesso settentrionali, garantiva un controllo diretto sui movimenti di merci e persone e un’immediata connessione con le vie che conducevano verso Ferrara e il Veneto.
Per la sua costruzione vennero demolite case, orti e strade esistenti: un atto che suscitò forti malumori tra i bolognesi, i quali vedevano la fortezza come un segno di sottomissione e di perdita di autonomia. Già pochi anni dopo la sua realizzazione, nel 1334, il castello venne attaccato e gravemente danneggiato dalla popolazione in rivolta, dando inizio a una lunga storia di distruzioni e ricostruzioni che avrebbero accompagnato la sua esistenza per quasi due secoli.
Attacchi e distruzioni: un castello maledetto dalla città
La storia del Castello di Galliera è segnata da un destino quasi paradossale: costruito per garantire la stabilità del potere papale a Bologna, fu al contrario uno dei luoghi più bersagliati e odiati dai cittadini. Non è un caso che le cronache lo definiscano una delle fortezze più volte distrutte e ricostruite della storia medievale italiana.
Il primo grande attacco risale al 1334, appena quattro anni dopo l’inizio dei lavori. La popolazione bolognese, esasperata dall’imposizione pontificia e dalle pesanti tasse necessarie a finanziare l’opera, insorse contro la guarnigione papale. La fortezza venne devastata, e solo un rudere restò in piedi. Era chiaro che per i bolognesi il castello non rappresentava protezione, ma piuttosto un simbolo di oppressione e perdita di libertà comunale.
Il papato non rinunciò, e il castello fu ricostruito più volte. Tuttavia, ogni tentativo incontrò la stessa sorte: nel 1360 venne di nuovo abbattuto dai cittadini, nel 1376 subì nuovi assalti durante i tumulti legati alla Guerra degli Otto Santi contro Gregorio XI, e ancora nel 1404, quando le rivolte anti-papali tornarono a scuotere Bologna. Ogni ricostruzione era vissuta dai bolognesi come una ferita, un’imposizione che negava il loro desiderio di autogoverno.
L’ultima fase della fortezza risale al 1508, sotto papa Giulio II, che volle riportare a nuova vita la struttura con un’imponente ristrutturazione. Ma il malcontento non si placò: nel 1511, dopo la battaglia della Ghiaradadda e l’occupazione francese di Bologna, anche quest’ultima versione del castello venne abbattuta definitivamente, con la complicità della popolazione.
In poco meno di due secoli, la fortezza fu quindi costruita e distrutta almeno sei volte. Non si trattava di semplici episodi di vandalismo, ma di veri e propri atti politici, attraverso i quali i bolognesi affermavano la loro identità e resistenza contro il dominio papale. Per questo motivo, il Castello di Galliera è ricordato come un simbolo delle tensioni tra autonomia comunale e autorità pontificia.
La “Battaglia della Merda”: assedio insolito e rivolta popolare
Nel 1334, durante l’assedio al Castello di Galliera, Bologna visse uno degli episodi più straordinari e insoliti della sua storia: la cosiddetta “Battaglia della Merda”. Il nome, volgare e provocatorio, non è un’invenzione moderna bensì è parte integrante della memoria locale: l’assedio non fu condotto solo con armi comuni, ma anche con azioni di guerra “fortemente atipiche”, capaci di forzare la resa con modalità incosuete.
Il castello era stato costruito come presidio del potere pontificio su Bologna e molti cittadini videro la struttura come un simbolo di dominazione estranea, finanziata con prelievi, imposizioni e demolizioni di abitazioni esistenti. Il malcontento crebbe rapidamente, soprattutto quando il castello cominciò ad assoggettare la città con tasse, requisizioni e abusi.
Quando il castello divenne pienamente operativo, la tensione esplose: i bolognesi decisero di assediare la Rocca per costringere il legato a cedere il controllo.
Lo svolgimento dell’episodio
Secondo le cronache, l’assedio durò circa quindici giorni. I difensori, rinchiusi all’interno del castello, avevano ancora scorte alimentari, ma ben presto furono privati dell’acqua: i cittadini riuscirono a rompere le tubature o le condutture che alimentavano la fortezza, tagliando ogni rifornimento idrico. Senza acqua, la vita all’interno della rocca divenne insostenibile.
Fu allora che la “Battaglia della Merda” assunse il suo ruolo più noto: i bolognesi, usando balestre e trabocchi (piccole catapulte), lanciarono sterco, escrementi e materiale di rifiuto dentro le mura della fortezza. Le fonti parlano di lanci di “sterco dentro lo castello” fino a saturare i corridoi e le stanze.
Sembra che la tattica fosse esasperante: chi stava rinchiuso non solo era senza acqua, ma doveva convivere con odori insopportabili. Le cronache volgari dell’epoca descrivono come “quando bevevano, bevevano merda, quando mangiavano, mangiavano merda” — una descrizione forte, che testimonia l’intento di degradazione psicologica dei difensori.
Alla fine, il legato e i suoi uomini si arresero. Per evitare una strage, fu concesso loro di abbandonare il castello incolumi, ma la rocca venne rasa al suolo dalle milizie cittadine, con la distruzione dei muri e delle fondamenta.
Significati e memoria storica
Questo episodio è citato in opere letterarie e rivisitato nei secoli: il libro La Battaglia della Merda nella collana Fatterelli Bolognesi ne riprende la narrazione, e Dario Fo, nel suo Fabulazzo Osceno, lo ha trasformato in un monologo grottesco in grammelot, per recuperare l’elemento dell’umorismo e della satira nella memoria storica.
In definitiva, questo episodio dimostra come un’azione “bassa” possa diventare altissima in termini simbolici.
Declino e rovina: cosa rimane oggi
Dopo la clamorosa “Battaglia della Merda” e la successiva demolizione della rocca nel XIV secolo, il Castello di Galliera visse una storia tormentata, fatta di ricostruzioni parziali e nuove distruzioni. Più volte, infatti, il potere pontificio tentò di ripristinare la fortezza come presidio di controllo sulla città, ma ogni volta la popolazione bolognese reagì con diffidenza e ostilità. Nel corso del Quattrocento e del Cinquecento, la rocca fu oggetto di rimaneggiamenti, ma senza mai tornare alla magnificenza iniziale: gli assedi, i saccheggi e le ribellioni cittadine ne segnarono irrimediabilmente la sorte.
Con il passare dei secoli, il castello venne progressivamente abbandonato, fino a ridursi a un cumulo di rovine. Già nel XVI secolo molti documenti lo descrivono come una struttura fatiscente, incapace di assolvere a funzioni difensive. Le sue pietre furono in parte riutilizzate per costruzioni civili e religiose, come spesso accadeva all’epoca, e la memoria del castello si spostò più nella dimensione leggendaria che in quella pratica.
Le rovine visibili oggi
Passeggiando nella zona della Montagnola, in Piazza VIII Agosto e lungo i viali vicini, è ancora possibile individuare alcuni resti materiali del Castello di Galliera. Questi frammenti, seppur modesti, rappresentano preziose testimonianze della sua esistenza:
- Tratti di mura in laterizio emergono dal terreno, inglobati in parte nel parco della Montagnola.
- Fondazioni e basi di torri sono riconoscibili come rialzi murari, spesso accompagnati da pannelli informativi che ne raccontano la storia.
- Tracce delle strutture difensive affiorano nel terreno, come avvallamenti e linee murarie che segnalano l’impianto originario della rocca.
Sebbene oggi il castello non sia più visibile nella sua interezza, i ruderi rimasti rappresentano un luogo di memoria storica e identitaria per Bologna.
Alla scoperta del lato nascosto di Bologna
Il Castello di Galliera, con le sue rovine dimenticate e le vicende di battaglie, ricostruzioni e distruzioni, rappresenta uno dei lati più affascinanti e poco conosciuti di Bologna. Non è la città delle torri o dei portici a mostrarsi qui, ma quella della resistenza, delle ribellioni popolari e dei segni silenziosi lasciati dal tempo. Passeggiando nella Montagnola o lungo Piazza VIII Agosto, basta alzare lo sguardo o soffermarsi su un tratto di muro per percepire la presenza di una storia antica che continua a vivere sotto la superficie.
Ammirare i ruderi del Castello di Galliera significa andare oltre le mete più turistiche e lasciarsi sorprendere da ciò che Bologna custodisce in silenzio. È un invito a lasciarsi guidare dalla curiosità: perché è nei dettagli nascosti che la città rivela il suo volto più autentico e sorprendente.

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